Perché il cuore ed il coraggio di Pasolini sono grandi - di Carlo Picca

Perché il cuore ed il coraggio di Pasolini sono grandi - di Carlo Picca

Dedicato a Bruno Esposito

La formazione di Pasolini (1922–1975), è senza ombra di dubbio una formazione umanistica e letteraria piena e densa. E' stato un poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano, considerato tra i maggiori artisti e intellettuali del XX secolo, e probabilmente di sempre. Laureatosi in Lettere a Bologna nel 1945, per tutta la sua vita fu al contempo vorace lettore, fruitore e creatore di ogni forma di espressione linguistica, letteraria e artistica in generale.

Pasolini aveva un senso alto dell'essere umani e in primis del codice corporeo degli individui, della sua forza, che poteva essere espressione rivelatrice di una vita che andava vissuta oltre il consumismo ed il perbenismo. E a tal proposito, nell'ultimo periodo della sua vita, si spese innumerevoli volte nella descrizione del concetto di mutazione antropologica che stava colpendo inesorabile gli italiani.

Evocata da Pasolini nei suoi scritti e nelle sue riflessioni questa consiste nella trasformazione della società, dalla popolazione millenaria, storica, quella che c'è sempre stata dalla notte dei tempi con le sue evoluzioni sociali ed umane, a quella della società dei consumi e cultura dei mass media che la depriva della sua umanità più profonda, mentre al contempo, ne violenta ciò che ne rimane da questa operazione commerciale ed invasiva.

Quella mutazione avvenuta decenni fa ed ora nuova condizione esistenziale dell'uomo consumatore. Perché sì, da uomo a consumatore, questo è il mutamento significativo che Pasolini ci ha posto nelle sue riflessioni eretiche e corsare e ci pone tuttora dinanzi. Nemmeno il fascismo aveva attuato un cambio così invadente dell'umanità e intimità degli individui, del loro spazio sacro e corporeo, ha ripetuto più volte il poeta di Casarsa.

Una resa al profitto, alla reificazione, alla merce. Quando ci si scandalizza ancora oggi nel vedere Salò di Pasolini, è perché le motivazioni di quella pellicola sono di una veggenza straordinaria che non si riesce o non si vuole vedere e approfondire. Pasolini con tutta la sua forza, la sua diversità, il suo corpo, si è opposto a questa mercificazione in maniera solitaria, ostinata e contraria, con tutto l'amore che provava per la vita, un amore splendente e padre di un coraggio immenso, coraggio tanto immenso quanto profondamente e radicalmente ingenuo.

L'ingenuità non è un sentimento nobile, è un'eroica vocazione a non arrendersi mai, a non fissare mai la vita, neanche nel futuro.

Pasolini ama ingenuamente senza voler ricevere nulla in cambio, proprio ciò che non lo corrisponde, in un amore stoico, astorico, puro e irrazionale, quale quello di un poeta che vuol curare la logica del profitto e il consumismo, neocapitalismo, e gli effetti che vede provocare da questi sul mondo millenario dell'umanità: la mutazione antropologica, e pur sapendo che non potrà farcela, è l'ingenuità che lo porta a donare tutta la sua forza anche a chi gli è nemico, appunto con splendore.

E a vederci oggi, ad avvenuta mutazione antropologica, nell'anestesia e frammentazione sociale dilagante continuerebbe probabilmente ad urlare, a cercare fratelli che non sono più riempiti da informazioni che ci servono ben poco se non a distrarci, che ad esempio con tutti i miliardi pubblici di euro che la politica usa puntualmente per pagare i debiti dei banchieri quanti italiani si potrebbero stabilizzare e quanti migranti accogliere… Ma siamo troppo distratti e distanti che fatichiamo ad ascoltare la verità e persino quella di un cuore coraggioso così grande e che tanto ci manca.

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