Friedrich Nietzsche - La fragilità terrena e la sua causa principale

Friedrich Nietzsche - La fragilità terrena e la sua causa principale

Brani scelti: FRIEDRICH NIETZSCHE, Umano, troppo umano II, 1878.

Guardandosi intorno, si incontrano sempre individui che per tutta la vita hanno mangiato uova senza accorgersi che quelle oblunghe sono le più gustose, che non sanno che un temporale è salutare per l'addome, che gli odori gradevoli hanno una fragranza maggiore nell'aria fredda e tersa, che il nostro senso del gusto è diverso nei vari punti della bocca, che ogni pasto consumato ascoltando o parlando di cose interessanti nuoce allo stomaco. Si può non accontentarsi di questi esempi di mancanza di spirito d'osservazione: ma tanto più si deve ammettere che le cose più vicine di tutte vengono dai più viste assai malamente, e molto raramente prese in considerazione. E questo è indifferente?

Si consideri che da questa mancanza derivano quasi tutti i difetti fisici e spirituali dei singoli: non sapere cosa ci giova, cosa ci nuoce nell'organizzazione della vita, nella ripartizione del giorno, del tempo e nella scelta dei rapporti, nella professione e nell'ozio, nel comandare e nell'ubbidire, nel sentire la natura e l'arte, nel mangiare, dormire e pensare; essere ignoranti e non avere occhi acuti per ciò che è più piccolo e comune ? è questo che per tanti fa della terra un «prato di sventura».

Non si dica che ciò deriva, qui come dappertutto, dall'irragionevolezza umana: anzi di ragione ce n'è abbastanza e anche troppa, ma essa viene male indirizzata e artificiosamente distolta dalle cose piccole e più vicine. Preti e maestri, e la sublime avidità di dominio degli idealisti di qualsiasi tipo, dai più grossolani ai più raffinati, cominciano subito a inculcare nel bambino che ciò che conta è qualcosa di completamente diverso: è la salvezza dell'anima, il servizio dello Stato, il progresso della scienza, oppure la reputazione e il possesso come mezzi per render servizio all'intera umanità, mentre le esigenze del singolo, i suoi bisogni grandi e piccoli entro le ventiquattro ore del giorno sarebbero qualcosa di spregevole o di indifferente.

Già Socrate si difendeva con tutte le forze da questa sprezzante disattenzione per l'umano a favore dell'uomo e gli piaceva ricordare, con un detto di Omero, il vero ambito e l'essenza di ogni cura e di ogni pensiero: è quello e solo quello, diceva, «che di buono o di cattivo mi succede a casa».