Giorgio Manganelli - Il divorzio e la negazione del proibito

Commemorare significa trovare la scusa buona e pausibile per parlare di qualcosa, ch'è, per noi, un modo come un altro per toglierci qualche sassolino dalle scarpe... E poiché anche di separazioni e divorzi noi si campa, desideriamo commemorare il trentacinquesimo anniversario della promulgazione della Legge n. 898 del 1970, altrimenti nota come Legge sul Divorzio, ripubblicando alcune ironiche e taglienti riflessioni sul tema, uscite dalla penna di Giorgio Manganelli. Il brano che qui di seguito presentiamo è un modo intelligente per parlare di un argomento che a suo tempo divise l'Italia in opposti e stranamente (per alcuni politici d'allora) trasversali estremismi... Se i voti DC fossero stati tutti antidivorzisti, perché sì, allora la Legge non solo non sarebbe mai stata approvata, ma, approvata, sarebbe stata sicuramente abrogata dal referendum che ne seguì. Qualcuno ricorda... Oggi il divorzio è stato metabolizzato dalla Nazione, ma qualcosa si è perso definitivamente: il gusto di fare almeno una cosa nella vita che debba per forza durare per sempre!

"Manganellate" - Brani scelti: GIORGIO MANGANELLI, Lunario dell'orfano sannita, Milano, Adelphi, 1991, p. 175-179.

Obiezioni al divorzio

Scriveva Orwell: "Quando qualcuno viene assassinato, in primo luogo si sospetta del coniuge; cosa che la dice lunga su quel che pensa la gente del matrimonio". E' una bella e saggia citazione, e mi piace metterla ad epigrafe di questi appunti, ispirati alla rapida lettura del Rapporto sul divorzio in Italia di Fortuna, Jorio e Pandini. Libro non travolgente, ma conciso, di sparuta e casta scrittura, ed onesto in modo esasperante. Compendioso regesto di opinioni pro e contro il divorzio, è assai utile per irritarsi a vario titolo. Sul problema del divorzio si danno oggi due posizioni ufficiali: una cattolica antidivorzista, ed una laica divorzista. Una terza posizione, non ancora ufficiale, verrà suggerita nelle righe che seguono. Nella sua formulazione più semplice e ragionevole la posizione cattolica è a suo modo coerente: non vogliamo il divorzio perché no. Quando un cattolico ci assicura che il suo Dio esige il matrimonio indissolubile, la discussione è conclusa. Più curioso l'effetto degli argomenti dei cattolici quando costoro rinunciando al quia absurdum, cercano ragioni in qualche modo terrestri. Taluno si prova ad inquadrare il problema in un più vasto orizzonte morale come quel gesuita Guidetti che giudica il divorzio alla stessa stregua della regolamentazione della prostituzione; o quel monsignor Staffa, dialettico sottile, che acutamente osserva come ammettere il divorzio equivarrebbe a legalizzare l'omicidio, il furto, e in genere qualsivoglia delitto abbastanza frequente. Altri, infine, tenta di dimostrare come il divorzio sia obiettivamente dannoso: induce al bere, spinge al suicidio e fa male ai bambini. La posizione dei laici è talmente ragionevole, decorosa, e ispirata al buon senso da essere praticamente priva di interesse; sebbene abbia il merito di spingere i suoi contraddittori fin sulle soglie della demenza, allo scopo di catturare dispersi ed eroici argomenti – Dio, il diritto naturale, la Provvidenza e l'alcolismo – bisogna riconoscere che essa pecca di intrinseca povertà inventiva. Vorrei attirare l'attenzione su alcuni argomenti di fondo, cui si appoggia la polemica filodivorzista. Scrive l'onorevole Fortuna: "E' necessario convincersi che se si lascia immutata l'attuale legislazione in materia matrimoniale la realtà continuerà a registrare uno sviluppo progressivo dei "fuorilegge", sino a vedere accorciarsi i rapporti tra le situazioni illegali e quelle legali. Particolarmente in materia matrimoniale è compito del legislatore... provvedere a difendere e a tutelare l'integrità dell'istituto matrimoniale, prima e fondamentale cellula dello Stato, con adeguati e opportuni rimedi giuridici che consentano lo scioglimento del vincolo allorché si constata la necrosi del vincolo stesso". Come si vede, un atteggiamento "d'ordine"; e da tutto il libretto la posizione dei filodivorzisti risulta virtuosa e legalitaria, intesa ad una aggiornata difesa della famiglia, "prima e fondamentale cellula dello Stato".

Personalmente dissento da codesto atteggiamento. Io diffido della sorta di divorzio patrocinato dall'onorevole Fortuna, ed anzi direi che non provo alcun interesse all'introduzione in Italia di alcuna forma di divorzio. Il matrimonio indissolubile non solo mi va benissimo, ma positivamente mi diverte. Cercherò di giustificare codesta posizione con alcuni semplici argomenti. Un primo argomento è di ordine economico: ogni divorzio comporta una moglie da mantenere, almeno fino a che costei non abbia conseguito un nuovo matrimonio; in America, lo sappiamo s'è formata una vera industria dell'alimony. Da un punto di vista settoriale, ed anzi corporativistico, vorrei osservare che se in Italia ci fosse il divorzio, l'èlite culturale non avrebbe più tempo né di leggere né di scrivere, non più denaro per libri e viaggi, costretta in oscure mansarde, trascorrerebbe una miserabile esistenza traducendo libri gialli per mantenere mogli vittimistiche e querule. E' mia convinzione che l'introduzione del divorzio in Italia distruggerebbe in breve ogni traccia di vita intellettuale. Come risulta chiaramente dalle affermazioni dell'onorevole Fortuna, il divorzio mira a restituire al governo della legge quelle unioni che di fatto ne sono uscite. Oh, questa poi. Riportare sotto l'ottuso, vessatorio controllo del giure tutta una parte, e quanto vasta e ricca, della nostra vita, proprio quando questa sta liberandosene. Veramente, non conosco migliore scuola di anarchia del matrimonio indissolubile. Pensate: in Italia, in questo paese cauto ed arcaico, ci sono almeno due milioni di coppie irregolari: non è meraviglioso? Quattro milioni di persone che hanno sottratto alla stolta virtuosa coazione dello Stato il mondo degli affetti e dei privati diletti. Sono stati costretti a farlo, costretti a diventare liberi: si può immaginare qualcosa di più felicemente pedagogico? E noi dovremmo, di nuovo, degradare il concubinato a famiglia? Il libertinaggio a prolifica monogamia? Il matrimonio indissolubile sta estirpando dalle radici la famiglia, con bravi ed esecrabili genitori, e gli infanti allevati nel timor dei genitali. A me, va benissimo. Il divorzio, inoltre, getterebbe un'ombra su una delle istituzioni fondamentali del mondo occidentale, una delle poche rimaste pure e schiette: l'adulterio. Io ho grande stima dell'adulterio, questa oscura, catacombale commistione di desideri e di affetti, per cui un essere è dilacerato, come vuole la sua paradossale struttura, tra inconciliabili amori e predilezioni contrastanti. A me pare che la storia stessa delle nazioni sia come un mirabile, ininterrotto adulterio, in cui tutti gli accoppiamenti sono legalmente e moralmente sbagliati, ma oscuramente fatali. Ora, il divorzio getterebbe un odioso sospetto su questo purissimo rapporto. Costei, o costui, vuol farsi sposare? Vuol sostituire alla vecchia una nuova legalità, o vuole onestamente partecipare alla intrinseca illegalità dell'esistere?

Infine: ripetiamo quelle cifre; quattromilioni di fuorilegge. Che cifra. Come si gonfiano le gote; una cifra da buongustai: E' chiaro: non ci vorrà nemmeno molto, diciamo una generazione. Col tasso attuale di emancipazione sessuale, se teniamo duro, se difendiamo come castello avito questa toccante e veneranda istituzione del matrimonio indissolubile, l'Italia sarà una penisola di concubini e di bastardi. Una nazione tradizionalmente gregaria avrà eliminato per tutti – tolta una minoranza che faremo vedere ai turisti – ogni intervento dello Stato – preti, giudici, avvocati – dalla vita amorosa e sessuale dei suoi cittadini. Non è una conclusione degna di essere ardentemente desiderata?"