Piero Citati - Ritratto di Jorge Luis Borges

Ci sono pensieri pensati per descrivere o per descriverci pensieri che altri hanno pensato, destinati solo a far da corredo a questi ultimi. Alle volte però i pensieri a spiegare i pensieri che altri hanno pensato acquistano una loro vita e allora diventano pensieri pensati e non pensieri di pensieri… comunque Letterature.
É questo il caso, appunto, dei pensieri pensati da Pietro Citati su Jorge Luis Borges, e che si possono leggere nella quarta di copertina del Corallo Einaudi numero 128, che ripubblicava, ed era il 1961, l'opera Finzioni dell'autore argentino, già in prima edizione italiana sempre presso Einaudi nel 1955, come quarantatreesimo tra i Gettoni di Vittorini, con il titolo La Biblioteca di Babele.

Brani scelti: PIETRO CITATI, Risvolto, in: Jorge Luis Borges, Finzioni (La Biblioteca di Babele), Torino, Einaudi, 1961.

"La Spagna è una provincia che non si dedica a ragionare", scriveva, nel 1459, Alonso de Palencia. Appassionato lettore di filosofi, straordinario ed agilissimo dialettico, narratore interamente intellettuale, Jorge Luis Borges sembra la vivente sconfessione di codesta sentenza. "Devoto alla logica e alla simmetria", elegante geometra dell'intelligenza, le epoche che egli predilige sono tuttavia quelle più profondamente sofistiche, insieme razionalissime e bizzarre, matematiche e magiche, nelle quali la ragione distrugge se stessa nel momento che trionfa. Invece di Kant o di Hegel, ama leggere Berkeley e Schopenhauer; e poi sale a ritroso, fra gli infiniti eresiarchi medievali, i pensatori gnostici ed esoterici, i commentatori musulmani di Aristotele, dai quali raccoglie grappoli di citazioni, vere od immaginarie. Insieme Sherlock Holmes e teologo, empio uomo moderno e pensatore mistico, la ragione di Borges è soltanto una facoltà illusionistica che, dopo aver servito a sconcertare e a stupire, si compiace infine di dissolvere, insieme a se stessa, la natura del mondo.
Ispano-anglo-portoghese di origine, nato a Buenos Aires, educato in Svizzera, Borges gremisce i suoi racconti dei più diversi temi culturali. Guerrieri longobardi, indios, mercanti levantini, gauchos mistici, ebrei orientali o del Sud-America, filosofi musulmani, re arabi, maghi aztechi, sapienti indiani, spioni cinesi, oscuri letterati simbolisti, cospiratori irlandesi, misteriosi avventurieri, la fauna umana più bizzara ed eteroclita affolla la stupenda Buenos Aires di Borges. Le contraddizioni libresche si impastano, mirabilmente, con le contraddizioni ambientali, che risaltano vivissime, sia pure nell'assoluta mancanza di colore locale. Ma quell'oscuro crogiuolo di razze che sono le moderne metropoli del Sud-America sembra, talvolta, confondersi con la Londra dell'Ottocento e soprattutto con Parigi. Sensibile ai moderni fatti di costume, Borges appartiene, insieme, alla Parigi del vecchio Hugo, di Baudelaire, di Laforgue e Huysmans. Prezioso scrittore alessandrino, ne conserva alcuni temi; e molte inclinazioni stilistiche. Ma è curioso che codesta combinazione di Londra, Buenos Aires e Parigi produca, alla fine, un suono così antico. Sotto il moderno lettore di Poe e di Kafka, di De Quincey e di Swift, affiora uno spagnolo del gran secolo, misticamente scettico di fronte alle illusioni del reale, che, per un miracoloso gioco del caso, sia stato sospinto all'indietro, fra i filosofi arabi che ricostruivano nel Medioevo il pensiero di Aristotele e di Plotino".