Roberto Ridolfi - Il ritratto di Leo S. Olschki

Roberto Ridolfi: ritratto di Leo S. Olschki

Brani scelti: RIDOLFI ROBERTO, Centenario, «La Bibliofilía», LXIII (1961), pp. 1-2 

Nel nostro continuo ripercorrere il passato per trarne linfa per il presente e insegnamento per il futuro, ricordiamo in questa pagina Leo Samuel Olschki, il grande bibliofilo, bibliopola ed editore umanista, nato a Joannisburg, nella Prussia Orientale, il 2 Gennaio 1861. E lo facciamo riproponendo il mirabile ritratto, mai più riedito, che Roberto Ridolfi scrisse nel 1961 per celebrarne il centenario della nascita, e apparso nelle pagine della rivista «La Bibliofilía», da lui diretta, e fondata l'anno in cui Ridolfi nasceva (1899) proprio da Leo Samuel.

Cento anni or sono, il 2 gennaio, nasceva Leo S. Olschki, fondatore di questa rivista, che egli diresse personalmente e predilesse sempre tra tanti altri periodici scientifici da lui fondati e editi. Nacque a Joannisburg, nella Prussia orientale; ma veramente, «ingentilito in Venezia come Vindelino, parve poi rinvenir la saviezza e la sagacità di Vespasiano da Bisticci sul soleggiato lungarno degli Acciaiuoli»: sono le parole ben note (fin troppo note e ripetute, direi) che di lui scrisse Gabriele d'Annunzio; e almeno quelle non furono soltanto belle parole. Perché a questo mercante umanista nessuna altra città poteva essere congeniale e feconda, nessuna atta a raffinire la sua formazione, meglio di Firenze, capitale dell'umanesimo, usa a esportare e a scambiare non solamente sete e lane, ma anche le mercanzie dello spirito. Ciò le accadeva soprattutto ai bei tempi; ma qualche gentilezza dei suoi bei tempi a questa città è sempre rimasta.

Qui si vuole onorare Leo S. Olschki, in queste pagine che furono da lui generate e amorosamente cresciute; ma si farebbe torto ai lettori e torto anche a chi si vuole onorare, se ci si rifacesse a ripetere cose dette e ridette delle sue fortune operose, dai modesti inizi veronesi ai fastigi di gran signore del libro e dell'editoria. Ognuno sa cosa abbia dato agli studi quella sua grande macchina che rendeva al libro, con edizioni insigni, ciò che ricavava da un appassionato e nobile commercio del libro: almeno lo sa ognuno che è degno di saperlo; né importa molto che altri lo sappia.

Di lui si potrebbe ripetere davvero ciò che io un giorno scherzosamente scrissi di me: In principio erat liber; né può far maraviglia se la bibliofilia finì per divenire in lui bibliolatria, che si manifestava non soltanto nell'indirizzo dei suoi studi, delle sue pubblicazioni, della sua attività editoriale, ma anche in certe manifestazioni esteriori. Piccole cose, ma caratteristiche e patetiche, che mi dettero nell'occhio fino dal tempo ch'io lo conobbi, saranno trentacinqu'anni; e fu proprio come collaboratore di questa rivista. Bastava vedere in che modo guardava o trattava i libri: se gli accadeva di farne cadere uno, non mancava mai di mormorare una parola di scusa, non a chi gli si trovasse vicino, ma al libro.

Non è insomma l'opera dell'uomo, vivente e presente nei suoi scritti e nella sua impresa editoriale, che ha bisogno di essere qui ricordata. É l'uomo stesso, col suo umanissimo dramma, con la mercede d'ingratitudine ch'egli ebbe in vita dalla sua patria di elezione, l'Italia, per quest'opera che altamente onorava il nome italiano. É soprattutto il suo secondo esilio, più amaro per 1'atrocità dei tempi e perché non consolato, come l'altro, da un operoso riconciliante ritorno.

Tolto al mondo dei vivi il 19 giugno 1940, la sua opera restava, anzi continuava a crescere per l'operosità dei figli; ma nulla era stato fatto fino a questo anno, da questa patria italiana, in questa sua città, da chi gli doveva pur tanto, per un suo onorato ritorno in riva d'Arno, in terra d'Italia. La celebrazione di questo centenario è il pagamento di un debito sacro: ora veramente e finalmente l'ombra sua torna, ch'era dipartita.