Squitinio della libertà veneta - Mirandola 1612 (rara prima edizione sequestrata dalla Serenessima)
Squitinio della libertà veneta. Nel quale si adducono anche le raggioni dell'impero Romano sopra la città e signoria di Venetia. Stampato in Mirandola, appresso Giovanni Benincasa, 1612.
Cm. 20,5, pp. (2) 77 (1) + 1 c.b. Interessantissima pagina manoscritta (di mano coeva) al verso della carta di guardia in cui si dà notizia della rarità dell'opera e delle linee contenutistiche generali. Ottima legatura strettamente coeva in piena pergamena molle con titoli ms. al dorso e tracce di legacci originali. Antica firma di possesso occultata al frontespizio (con piccola abrasione dovuta all'inchiostro nelle prime 2 carte). Lievi arrossature/briniture sparse, sporadiche macchiette. Esemplare a pieni margini nel complesso in buono stato di conservazione. Questo celebre libello racchiude in sé una duplice difficoltà interpretativa: in primo luogo l'autore, indicato negli anni alternativamente come Albizzi, Gualdo, De la Cueva, Scioppio o Pinelli; in secondo luogo la vicenda strettamente editoriale resa incerta dalla presenta di tre edizioni con il medesimo anno di stampa al frontespizio. Si riscontrano due edizioni in-quarto che si differenziano per il margine più ampio e il duplice filetto al frontespizio di una (il nostro esemplare), mentre la terza, in-ottavo, si distingue oltre che per il formato anche per il maggior numero di pagine. Piantanida (1013-15) non chiarisce questi dubbi anche se, seguendo la logica, la terza di cui sopra non dovrebbe essere l'edizione originale, proprio a causa del formato. Relativamente agli aspetti contenutistici così riporta lo stesso Piantanida: “Famoso libello satirico contro la repubbl. veneta mediante il quale l'anonimo A. intese dimostrare che la libertà originaria della repubblica vantata dagli scrittori veneziani non sussisteva, ma che invece Venezia è un antico dominio dell'impero romano e che di conseguenza l'imperatore del Sacro Romano Impero conserva sulla repubblica i suoi diritti e le sue pretese. Per la sua brevità, la scelta erudizione, la molta pratica di storia e di giurisprudenza, i fatti e gli spunti di critica esposti con novità, l'opuscolo ebbe enorme diffusione e molte ristampe. Paolo Sarpi ne prese lo spunto per la storia del Concilio di Trento e, ritenendo che lo Squitinio partisse dalla corte di Roma e non potendo rispondere direttamente, scrisse appunto la sua storia per mortificare quella Corte. Intanto il Senato veneto giudicò la satira come uno scritto contrario alla sicurezza dello stato e lo condannò al sequestro e ne fece bruciare tutte le copie in circolazione”. Verosimilmente prima edizione, molto rara e sempre ricercata. Cfr. anche Brunet, V, 502; Graesse, VI, pp. 474-75; Lozzi 5958-59 e 6133, Cicogna 894 e 1093.
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